L'attestazione di iscrizione anagrafica
L'attestazione di iscrizione anagrafica di cittadini dell'Unione di regola viene rilasciata, su istanza dell'interessato, al momento della conclusione del procedimento di iscrizione anagrafica o in un momento successivo, sempreché sussistano i requisiti di regolarità del soggiorno anche in relazione al momento della richiesta.
Tale attestato non è un'autorizzazione al soggiorno a tempo indeterminato, ma rappresenta la prova che, al momento del suo rilascio, l'interessato ha dimostrato il possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente. Esso non può nemmeno avere il valore di un certificato anagrafico di residenza, che ha tutt'altro significato e valore.
Per quanto riguarda il valore dell'attestazione di iscrizione anagrafica, così come per l'attestazione permanente, l'art.25 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, vi si afferma che il possesso di tali attestati "non può in nessun caso essere un prerequisito per l'esercizio di un diritto o il completamento di una formalità amministrativa, in quanto la qualità di beneficiario dei diritti può essere attestata con qualsiasi altro mezzo di prova".
Tale disposizione limita l'importanza degli attestati, soprattutto di quello relativo al possesso dei requisiti necessari ai fini del diritto all'iscrizione anagrafica, poiché è ammessa la possibilità per il cittadino comunitario di dimostrare, con qualsiasi mezzo a sua disposizione, di essere beneficiario di diritti previsti dal nostro ordinamento per i cittadini comunitari in regola con le norme per l'ingresso e il soggiorno in Italia.
Il rilascio dell'Attestazione di soggiorno
Se la richiesta di attestazione avviene contemporaneamente alla richiesta di iscrizione APR dall’estero o per ricomparsa, non serve altra documentazione se non quella già presentata (l’attestato potrà essere rilasciato solo una volta che si è completato e confermato il procedimento di iscrizione APR);
Nel caso in cui la richiesta sia successiva all’iscrizione APR, serve una verifica dei requisiti sulla base della documentazione prevista per l’iscrizione APR dall’estero o per ricomparsa.
L'attestazione di soggiorno permanente
Il diritto di soggiorno permanente si acquisisce con il seguente requisito fondamentale:
cinque anni di soggiorno legale in via continuativa (non necessariamente gli ultimi cinque anni)
familiare di cittadino comunitario avente il requisito prima elencato per sé e per il richiedente, anch'esso legalmente soggiornante per cinque anni in via continuativa;
figlio minore di anni 18 di almeno un genitore che abbia maturato il diritto di soggiorno permanente.
Il diritto all'attestazione permanente, è estesa ai figli minori dei cittadini comunitari in possesso dell'attestazione di soggiorno permanente, indipendentemente dal periodo di soggiorno in Italia del minore e, quindi, anche dalla nascita se il genitore, anche uno solo, ha già maturato il diritto al soggiorno permanente.
Il rilascio dell'Attestazione permanente
Dovrà essere verificato il possesso dei requisiti previsti per l’iscrizione in ANPR per tutti e 5 gli anni per cui è previsto il soggiorno legale e continuativo.
Il soggiorno legale si intende la presenza nel territorio nazionale del cittadino che abbia soddisfatto per almeno 5 anni le condizioni previste dalle norme.
La continuità del soggiorno non è compromessa dalla cancellazione dall’APR, in quanto se il cittadino dimostra, con prove certe, che egli non si è allontanato dal territorio nazionale, egli mantiene intatto il diritto di soggiorno permanente. La presenza sul territorio nazionale può essere anche auto-dichiarata.
Spetta al cittadino l’onere di dimostrare documentalmente il possesso dei requisiti. Nessuna disposizione richiede che il possesso dei requisiti per 5 anni debba essere riferito agli ultimi 5 anni. Il diritto di soggiorno permanente si matura se l’interessato ha posseduto i requisiti per un intervallo temporale di 5 anni continuativi, anche se al momento della richiesta i requisiti non sussistono.
La continuità del soggiorno non è pregiudicata:
da assenze che non superino i 6 mesi all’anno;
da assenze per l’assolvimento di obblighi militari;
da assenze fino a 12 mesi consecutivi per motivi rilevanti (gravidanza, maternità, malattia grave, studi o formazione professionale, o distacco per motivi di lavoro).
In ogni caso il diritto di soggiorno permanente si perde a seguito di assenze superiori a 2 anni consecutivi.
Il diritto di soggiorno permanente matura prima dei 5 anni se:
il lavoratore subordinato o autonomo cessa l’attività quando ha raggiunto l’età prevista per la pensione di vecchiaia;
il lavoratore subordinato è posto in condizione di prepensionamento, purché abbia svolto in Italia la propria attività almeno negli ultimi 12 mesi e vi abbia soggiornato continuativamente per almeno 3 anni;
il lavoratore che ha risieduto continuativamente in Italia per oltre 2 anni, cessa l’attività per sopravvenuta incapacità lavorativa permanente (se l’incapacità dipende da infortunio sul lavoro o malattia professionale per cui ha diritto ad una prestazione a carico dello Stato, si prescinde dalla residenza continuativa di 2 anni);
il lavoratore, dopo 3 anni di soggiorno continuativo e di attività in Italia, esercita un’attività lavorativa in un altro Stato dell’UE, pur continuando a risiedere in Italia, permanendo le condizioni per l’iscrizione anagrafica.
In caso di morte del lavoratore mentre era ancora in attività, ma prima di avere acquisito il diritto al soggiorno permanente, i familiari che hanno soggiornato con il lavoratore deceduto, acquisiscono il diritto di soggiorno permanente nei seguenti casi:
Il lavoratore alla data del decesso abbia soggiornato in via continuativa in Italia per 2 anni;
Il decesso sia avvenuto in seguito ad infortunio sul lavoro o ad una malattia professionale;
Il coniuge superstite abbia perso la cittadinanza italiana a seguito del matrimonio con il lavoratore deceduto.
Il diritto di soggiorno permanente maturato anticipatamente nei casi dal n.1 al n.4 è esteso al familiare che soggiorna in Italia con il lavoratore.
Il diritto al soggiorno permanente si perde a seguito dell’assenza dal territorio nazionale per un periodo superiore ai 2 anni consecutivi.
Il familiare extracomunitario che ha soggiornato legalmente e in via continuativa per 5 anni in Italia, unitamente al cittadino UE, ha diritto al soggiorno permanente.
I figli minori di cittadini comunitari che acquistano il diritto al soggiorno permanente, acquistano automaticamente il medesimo diritto a prescindere dal periodo di presenza sul territorio nazionale, pertanto anche al momento della nascita o immigrazione. I figli minori possono essere iscritti sull’attestato di soggiorni permanente dei genitori.
La legalità del soggiorno
Il concetto di "soggiorno legale" non va confuso con il concetto di "residenza legale".
Per "residenza" si deve fare riferimento alla "residenza anagrafica" e cioè all'iscrizione in ANPR; per "soggiorno" si intende la presenza sul territorio italiano, a prescindere dall’eventuale iscrizione anagrafica.
La condizione che il cittadino dell'Unione abbia soggiornato legalmente deve intendersi nel senso che nel corso dei cinque anni di soggiorno l'interessato abbia risieduto nel territorio alle condizioni previste dalla normativa (D.Lgs. n.30/2007, ovvero mantenendo la qualità di lavoratore o equiparato, oppure, in alternativa, essendo in possesso, direttamente o indirettamente, delle risorse e della assicurazione sanitaria necessarie a non gravare eccessivamente sui costi sociali) e senza essere stato oggetto di misure di allontanamento.
L'iscrizione anagrafica dell'interessato può essere un elemento utile per dimostrare, fino a prova contraria, che lo stesso abbia soggiornato nel territorio italiano per il periodo corrispondente all'iscrizione anagrafica stessa; ma non sempre l'iscrizione anagrafica corrisponde al "soggiorno".
Il diritto di soggiorno permanente si matura, come abbiamo visto, a seguito del soggiorno regolare e continuativo di 5 anni (non necessariamente gli ultimi 5 anni), e in tale periodo deve essere computato anche il soggiorno precedente all'entrata in vigore del d.Lgs. n.30/2007.
Pertanto, affinché la continuità del soggiorno non sia pregiudicata da assenze occorrerà che cittadino comunitario:
non si sia allontanato dall'Italia per periodi temporanei che non superino complessivamente i 6 mesi all'anno;
il suo allontanamento sia motivato dall'assolvimento degli obblighi militari;
il suo allontanamento abbia avuto una durata massima di 12 mesi consecutivi, dovuta a motivi rilevanti, quali gravidanza e maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o il distacco per motivi di lavoro in un altro Stato;
non si sia allontanato, per qualsiasi motivo, per un periodo superiore a due anni consecutivi;
non sia stato emanato un provvedimento di allontanamento adottato nei confronti della persona interessata.
Il diritto di soggiorno permanente una volta acquisito si può anche perdere a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi (art.14, c.4, d.Lgs. n.30/2007).
Casi particolari di maturazione anticipata del diritto di soggiorno
Vi sono alcune particolari situazioni in cui il diritto di soggiorno permanente matura anticipatamente rispetto al quinquennio previsto anche per il lavoratore.
Tale possibilità sussiste quando:
il lavoratore subordinato o autonomo cessa l’attività quando ha raggiunto l’età prevista per la pensione di vecchiaia (se appartiene ad una categoria per cui non esiste il diritto di pensione di vecchiaia, l’età è fissata in 60 anni);
il lavoratore subordinato è posto in condizione di prepensionamento, purché abbia svolto in Italia la propria attività almeno negli ultimi 12 mesi e vi abbia soggiornato continuativamente per almeno 3 anni;
il lavoratore subordinato o autonomo che ha risieduto continuativamente in Italia per oltre 2 anni cessa l’attività per sopravvenuta incapacità lavorativa permanente (se l’incapacità dipende da infortunio sul lavoro o malattia professionale per cui ha diritto ad una prestazione a carico dello Stato, si prescinde dalla residenza continuativa di 2 anni);
il lavoratore subordinato o autonomo, dopo 3 anni di soggiorno continuativo e di attività in Italia, esercita un’attività lavorativa in un altro Stato dell’Unione, pur continuando a risiedere in Italia, permanendo le condizioni per l’iscrizione anagrafica.